venerdì 5 giugno 2009

La Stupenda..Joan Sutherland

• Gli inizi degli anni sessanta videro Joan Sutherland assurgere alla celebrità. Anche per lei il successo non fu facile nè incontrastato. Partita negli anni cinquanta da un repertorio che oggi ci sembrerebbe assurdo o comunque assolutamente inadatto di lirico spinto, (Eva dei Maestri cantori, Amelia del Ballo in maschera, Aida) aveva scoperto sè stessa con l’aiuto del marito, il valente pianista direttore e musicologo Richard Bonynge. Quando approdò al suo vero repertorio sbalordì subito: lo strabiliante nitore del suono, la potenza degli acuti, il virtuosismo funambolico non si prestavano a obiezioni di sorta. Lasciavano invece piuttosto perplessi la modesta padronanza dell’accento italiano e il rifiuto di scandire e accentare le parole. Inoltre anche l’interpretazione sul versante drammatico appariva talvolta gelida o inerte. Ma quando la Sutherland cominciò ad esplorare il repertorio belcantistico, Haendel e il settecento in genere non c’era obiezione possibile da muoverle. Si era scoperto un nuovo mondo. Purtroppo i tempi non erano maturi e per lei le occasioni di registrare opere di questo periodo furono poche.
• La formidabile Alcina del 1962 non ebbe quindi seguito se non con qualche recital e qualche selezione (Montezuma di Graun, Griselda di Bononcini e Giulio Cesare di Haendel). A proposito del Montezuma la grande aria tripartita “Non han calma le mie pene” è uno degli esiti più alti di tutta la gloriosissima carriera discografica della Sutherland. Virtuosismo strabiliante, voce perfetta e perfetto stile con variazioni esemplari nello stile antico, come a suo tempo sottolineò in un articolo illuminante un’autorità in fatto di vocalità belcantistica come Rodolfo Celletti.
• In quegli anni la Decca cominciò ad incidere le opere di repertorio integralmente. Fu un’altra meravigliosa occasione per i melomani: scoprire minuti e minuti sconosciuti di ottima musica anche in titoli famosi come Traviata, Lucia, Elisir d’amore, Norma fu sorprendente ed esaltante. Ed era interessante notare come le opere restituite al loro disegno originale diventavano più armoniose, coerenti e drammaticamente logiche.
• Per merito della casa inglese apparvero il primo Barbiere di Siviglia integrale e con Rosina mezzosoprano, le già citate Traviata e Lucia che presentavano brani praticamente sconosciuti al pubblico, visto che in qualche caso erano omessi anche dagli spartiti della Ricordi e dai libretti, vale a dire i “da capo” delle due arie di Violetta e le cabalette di Germont padre e figlio:” Tra le incisioni di spicco bisogna ricordare una Norma epocale,quella della Sutherland, ovviamente agli antipodi di quella della Callas: tanto quella era tragica e intensa, tanto questa era tersa e lunare. Accanto alla cantante australiana appariva per la prima volta in disco un formidabile mezzosoprano americano di nome Marilyn Horne. Metà della critica internazionale si indignò dell’inerzia della Sutherland nelle scene concitate e drammatiche l’altra metà (certo più opportunamente) andò in visibilio per lo strabiliante nitore del canto, per l’incredibile levigatezza dei suoni e per il puro belcanto che le due cantanti avevano saputo reinventare nei duetti e sembrava recuperare i fasti do cantanti leggendari come le sorelle Marchisio o la Pasta e la Grisi. Entrambe avrebbero arricchito repertorio e discografia col loro prodigioso lavoro per almeno due decenni.

Difatti l'instancabile Joan ha inciso moltissimo; sempre con esiti straordinari. La serietà dell'approccio e dello studio, il professionismo esemplare, la "marziana" onnipotenza della voce le hanno concesso di essere Turandot e Lucia, Violetta e Desdemona. Pochissime volte il suo infallibile canto non è andato a segno: forse le possiamo rimproverare solo il troppo ritardato Ernani finale ahimè conclusione indegna della sua stellare discografia e una Adriana Lecouvreur in cui troppo pesa l'inesattezza della sua pronuncia italiana. Ma quanto non ci ha dato questa stupenda cantante?
Artista seria, severa, poco incline allo star sistem, ha sacrificato forse successo e denaro per cantare e incidere, con pochissime eccezioni, sempre e solo col marito il grandissimo già citato Richard Bonynge. Ma non era un capriccio: fino a qualche anno fa l'inserire cadenze o variare i "da capo"non era considerato filologicamente ineccepibile ma piuttosto una bizzaria retrò da diva.
E comunque nessuno avrebbe servito la sua arte come Bonynge. Oggi ce ne rendiamo conto.
Donna imponente e un pò rigida ha rivelato inaspettate doti comiche e un humour delizioso quando l'opera eseguita glielo ha concesso, vedi la meravigliosa "Fille du Regiment".

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