venerdì 14 agosto 2009

Mario Malagnini tenore vero


Mario Malagnini tenore vero

Confesso che non capirò mai perchè non sia diventato un numero uno assoluto visto che ha tutto: Voce potente, estesa, squillante. Emissione esemplare. Bella figura. Musicalità impeccabile (credo che suonasse prima di diventare tenore).
Si è diviso tra il repertorio tradizionale di cui ha interpretato tutte le parti di maggior impegno e anche proposte rare (Ruy Blas di Marchetti, Mirra di Alaleona) sempre con dignità, talvolta con esiti lusinghieri, ogni tanto con prestazioni entusiasmanti, come nel suo prediletto Don Josè.
Intendiamoci, la sua bella carriera l’ha fatta, ha al suo attivo diverse incisioni, ha calcato quasi tutti i palcoscenici più prestigiosi, eppure non è mai diventato una stella assoluta. Perchè tenori più o meno suoi coetanei come Josè Carreras, Francisco Araiza o Neil Shicoff che valevano vocalmente la metà di Malagnini hanno avuto tanto di più dalla loro carriera?
Strano il mondo della lirica. Fatto di incontri, di treni acchiappati al volo o persi per un soffio. Certo di capacità di indirizzare le scelte non solo di repertorio, ma di appuntamenti, di cast, di registi e direttori. Sicuramente di agenti che ti sanno mettere nel posto giusto al momento giusto. Ma anche di un ego che nei cantanti deve essere ipertrofico al punto giusto o magari un pelino di più del giusto per volere sempre qualcosa di meglio.
Mario Malagnini canta da venticinque anni e ne ha, credo, cinquanta. Spende tuttora la sua attività con una vocalità assolutamente impeccabile e coscienziosa.
Non lo conoscevo di persona, lo avevo incrociato un paio di volte senza parlargli mai, ma avevo visto suoi video ed ascoltato diverse incisioni ufficiali e “live”. Ci tenevo ad incontrarlo. Lo ho conosciuto poche sere fa ad un “Trovatore” del Luglio Musicale Trapanese. Una produzione senza pretese, una vera “spedizione punitiva” con un orchestra raccogliticcia, un coro terrificante, un direttore arrivato pochi minuti prima in sostituzione di un altro e un cast che oscillava tra onesti routiniers, e giovani promesse ancora acerbe. In mezzo c’era lui che poco prima di cantare fingeva apprensione, ma si vedeva benissimo che era tranquillo e consapevole, Non per la pochezza dell’occasione ma per il suo solido professionismo e la consapevolezza della sua voce intatta. Si è snocciolato la parte di Manrico con tranquillità, dipanando agevolmente le molte difficoltà del ruolo e ha colto un lusinghiero successo personale.
Manrico per un tenore cinquantenne è sempre una specie di check up. E qui il motore si è dimostrato perfettamente efficiente. Mi ha detto che non lo cantava da diversi anni e credo che abbia abbassato la “pira” di mezzo tono. Ma la facilità,la sicurezza e lo squillo del suo si, fa intendere che anche il do sia tranquillamente in suo possesso. Comunque Manrico non è solo la “pira”: ci vuole anche la vocalità tonda e generosa del duetto con Azucena. Il volume e la voce tornita dei due pezzi cantati fuori scena, lo stile contenuto ma veemente di “Ha quest’infame l’amor venduto”, l’eleganza e il bel canto di “Ah si ben mio”.Malagnini non ha perso un colpo.
Il direttore con una serie di tagli impietosi gli ha forse semplificato la vita (mai ci era capitato di veder passare da “Ah si ben mio” alla “pira” senza “l’onda dei suoni mistici”) ma in altri punti i tempi erano talmente frenetici da mettere in difficoltà chiunque. Non il nostro che decisamente ha dimostrato di essere tuttora un tenore da grande teatro e oggi forse senza termini di paragone.
Viviamo tempi calamitosi per la vocalità maschile: io non rimpiango solo i “mostri” di un trentennio fa, Corelli, Pavarotti Gedda, Bergonzi; rimpiango anche quelli che allora sembravano di serie B e che oggi sarebbero considerati fuoriclasse: Bonisolli, Cossutta, Prevedi Garaventa Cecchele. Ecco Malagnini appartiene a questa categoria è un grande professionista, uno che sa come si canta, come si usa la voce, quello che vuol dire essere tenore. Forse bisogna avvertire il WWF perché lo tuteli: è una specie in via di estinzione come il panda e la foca monaca.
Canterà ancora a lungo e bene, ne sono certo, poi spero che si dia all’insegnamento. Beati i suoi allievi se riuscirà a trasmettere loro la sua consapevolezza artistica e tecnica:anche di maestri all’altezza oggi c’è molto bisogno.

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