
• Maria Callas era arrivata da sconosciuta in Italia nel 1946. Povera, grassa e goffa, agli inizi si era adattata al repertorio “pesante” (Wagner, Gioconda, Turandot) per sbarcare il lunario senza peraltro riuscire farsi notare. Poi nel 1949 a Venezia, pochi giorni dopo aver cantato Brunilde, cantò da soprano leggero nei Puritani e con tale impresa strabiliò il mondo della lirica, dando inizio alla sua irresistibile ascesa.
• E’ stato detto che aveva una “brutta” voce. Cioè emetteva talvolta del suoni aspri e striduli e mostrava vistose disuguaglianze timbriche. Ciò è’ vero. La strabiliante estensione (oltre tre ottave, da contralto a soprano leggero, almeno negli anni migliori) non permetteva ovviamente che tutta la gamma fosse omogenea. Ma la sua voce “brutta” era capace di suoni incantevoli e di caratterizzazioni perentorie: Si ascoltino le arie della Sonnambula o di Norma per rendersene conto. Aveva la capacità innata di diversificare stili autori, situazioni sceniche e momenti drammatici. Nessuno l’ha più superata nel fraseggio drammatico e rovente, nella capacità di accentazione, nella chiarezza della dizione, nella capacità di creare personaggi a tutto tondo.
• Si è molto discusso se fosse una donna colta. Aveva una preparazione musicale di prim’ordine ed era un’ottima pianista Sicuramente oltre ad avere un geniale intuito fu una magica “spugna” capace di assorbire ogni input culturale che le venisse proposto da direttori registi e colleghi validi. Ebbe la capacità formidabile di recuperare quasi medianicamente una tecnica perduta e ridarci la temperie particolare del neoclassicismo che è così difficile da rendere (Medea, Vestale, Norma) specie per un artista straniero,così come seppe comprendere e rendere quanto fosse ben diverso il romanticismo protoromantico di Bellini (Sonnambula), rispetto a quello pieno di Donizetti (Lucia e Bolena) o di Verdi (la sua Leonora del Trovatore, a parer nostro resta magnifica in assoluto e impareggiabile nel quarto atto). Ma anche in settori solitamente sottovalutati del suo repertorio diede segni meravigliosi di intuito ed originalità. Il suo Mozart era moderno sanguigno e incisivo, non smidollato ed esangue come lo voleva la moda del tempo, e anche in piena decadenza vocale, nelle ultime incisioni ufficiali, seppe dare prove insuperabili come nell’ aria “Amour viens aider ma faiblesse” dal Sansone e Dalila di Saint Saens.
• Seppe anche sfruttare le venature scure e sataniche della sua voce a fini espressivi (la sua Lady Macbeth o l’Abigaille del Nabucco non hanno paragone) e persino comici (si ascolti il divertente trapasso timbrico nel duetto con Geronio nel Turco in Italia, precisamente tra la fine dell’andante “voi crudel mi fate oltraggio” e l’allegro “ed osate minacciarmi…”. Infine, almeno negli anni d’oro, la sua voce fu impareggiabile e camaleontica in un repertorio enorme e con un registro praticamente illimitato. (Si pensi al leggendario Mi sopracuto emesso nel concertato del secondo atto di Aida a Città del Messico e al formidabile registro basso e al veemente fraseggio esibiti nella prima registrazione di Gioconda o ancora allo strabiliante virtuosismo delle registrazioni dal vivo delle variazioni di Proch o di “D’amore al dolce impero” dell’ Armida di Rossini).
• La Columbia (che con altre etichette sarebbe poi confluita verso il 1970 nella EMI) su cui regnava il geniale produttore anglo-tedesco Walter Legge, nel 1952 mise a segno due colpi straordinari: stipulò un contratto in esclusiva con la Callas e programmò una collana di registrazioni di opere complete in collaborazione col Teatro alla Scala nelle quali la grande cantante greca avrebbe fatto la parte del leone: gli inizi furono magnifici: una Norma che per certi versi rimane insuperata, una Tosca con De Sabata altrettanto celebre,e “I Puritani”, titolo allora desueto: La Callas era in genere affiancata da Giuseppe Di Stefano e da Tito Gobbi, allora parimenti popolari, ma che oggi paiono sgradevolmente agli antipodi da lei per capacità vocali e stilistiche. Ben presto però la casa discografica ritenne di impegnare la cantante greca in ruoli poco adatti del grande repertorio in cui il geniale soprano aveva meno da farsi valere per motivi di tessitura o di indole psicologica: Cavalleria, Pagliacci, Forza del Destino o la Boheme. Il tutto mentre la sua fama cresceva nel mondo per le geniali riprese di opere sconosciute o dimenticate del repertorio ottocentesco.. Non si ritenne di farle registrare Armida Macbeth, Vespri Siciliani, Anna Bolena, Il Pirata, Poliuto e La Vestale. Di tutti i suoi trionfi teatrali in queste opere allora rare o sconosciute, solo la Medea fu affidata al disco, ma non dalla sua etichetta bensì dalla Ricordi, e a quanto pare solo per l’insistenza della cantante. La Columbia che proprio non credeva nell’operazione, la liberò eccezionalmente dall’esclusiva. Delle opere riesumate dalla Callas cui deve gran parte della sua fama, sono rimaste solo le precarie testimonianze dal vivo che i fans registravano e collezionavano. Per ironia della sorte, la cantante greca combattè con grande accanimento la commercializzazione di queste registrazioni con le quali certo non guadagnava un soldo, ma cui oggi è legata oggi la sua fama imperitura. Solo nell’era del CD la Emi ne ha recuperato alcune, le ha sommariamente restaurate e le ha pubblicate peraltro a prezzo piuttosto elevato.
La Callas fece a poco a poco capire che trilli volatine e roulades, non erano una vana concessione all’edonismo vocale, ma un preciso modo di evocare uno stilizzato mondo di sogno, di comunicare emozioni. Che la vera espressività non si ottiene con una vocalità turgida e plateale (come dettava il verismo) ma allusiva e, ripetiamo, stilizzata. Ecco perché quando la cantò lei parve alla critica più avveduta di sentire Norma per la prima volta, ecco perché si cominciò a riscoprire il valore del canto di bravura.
La sua lezione non fu subito compresa ed accettata unanimemente. Il pubblico più conservatore continuava a rimproverarle le ben note disuguaglianze timbriche, la voce fisicamente “brutta”. Fu addirittura discusso il suo Verdi che invece appare oggi perfetto. Ma il suo esempio fece scuola e vennero la Gencer, la Zeani e la Sutherland, la Caballè e le altre grandi. Nessuna di loro ha mancato di ammettere che fu proprio la Callas ad ispirala.
Purtroppo della più grande cantante del 900 esistono pochissime,incomplete testimonianze in video e il patrimonio delle registrazioni live cui si deve il ricordo maggiore della sua arte non è tecnicamente di buon livello.
Sconvolse il mondo della lirica sin dal suo apparire. Capace di cambiare repertorio da un giorno all’altro, oggi Brunilde e Isotta, la settimana dopo Elvira e Lucia. Di perdere quaranta chili in pochi mesi e da grassa e goffa che era, diventare sottile, bella ed elegante, di intrigare i rotocalchi più di una stella del cinema. Ma oltre i clamori della mondanità, fu in realtà una donna sola, triste ed austera, che quando la sua voce si affievolì, rinunciò ai lauti guadagni che ancora avrebbe potuto ottenere solo patteggiando sulle tessiture o apparendo in parti più facili per essere fedele al suo concetto di arte: rimane con pieno merito un grande mito della nostra epoca.